“Sostenere […] che Camanni metta in cattiva luce Cervinia equivale a non aver letto ciò che ha scritto. Lo scrittore ha messo a confronto Cervinia e Zermatt senza fare classifiche, tenendosi ben distante dalle definizioni di «brutto» e «bello». Zermatt, per Camanni, è un luogo delizioso e accogliente, ma finto; Cervinia assomiglia al nostro tempo, «costruzione astorica e delocalizzata». Due fatti. Non resta che affrontare l’argomento.”condivido lo spunto critico dell’editoriale di Enrico Martinet e trovo altresì interessanti le riflessioni che si possono decrittare dalla lettera pubblicata su la Gazzetta Matin; saranno anche diversi anni che (nei bar!) si sente parlare di ciò che non va, ma personalmente rimango dell’idea che “Il Cervino è nudo” sia il libro giusto al momento giusto
è “il libro giusto” perché mi restituisce la montagna di oggi, sistematizzata in una dicotomia concettuale facilmente comprensibile: ovvero,
la montagna è in crisi di identità, a metà strada tra la tutela e la valorizzazione di sé stessa – che può però degenerare nella creazione di “parchi divertimenti” in cui l’autenticità si diluisce in rappresentazioni perlopiù folklorisitche; e la progressiva tendenza a soddisfare le esigenze di mercato – che per contro può portare a modificare paesaggio e mentalità a favore di coloro che vogliono (ri)trovare la città anche in montagna (strutture, servizi, abitudini, ecc)
è poi “al momento giusto” perché pubblicato immediatamente dopo la prima edizione del Mountain Photo Festival, edizione durante la quale abbiamo coinvolto un gruppo di nove giovani studenti provenienti dalle più importanti scuole di fotografia d’Italia in un workshop dal tema “montagna e desertificazione”
spopolamento, cambiamenti climatici, digital divide, sfruttamento turistico… dinamiche che dal nostro punto di vista rappresentano negativamente un processo di “desertificazione” che sempre più spesso caratterizza l’attualità dei territori di montagna ed il futuro che li attende
è quindi “il libro giusto al momento giusto” perché oltre a dare il contributo più significativo che si possa chiedere ad un intellettuale – ovvero scrivere quello che molti (nei bar) pensano ed assumersene la responsabilità – tratta la “problematica montagna” in modo chiaro ed incisivo, fornendo al contempo ulteriori spunti per le riflessioni fotografiche che stiamo portando avanti col MPF
al riguardo, mi piace poter condividere una riflessione – altrettanto chiara e stimolante – che ho ascoltato fare qualche giorno fa a Reggio Emilia dal fotografo Gabriele Basilico: le città sono sempre più il nostro “paesaggio naturale”…
anche questo un fatto; non resta che affrontare l’argomento… per quanto ci riguarda fotograficamente, ça va sans dire!